Le conseguenze della cottura del cibo sono state sconvolgenti. L’intestino si è ridotto enormemente in virtù di una dieta con cibo più facilmente digeribile. A seguire, come conseguenza, ci furono cambiamenti nell’anatomia stessa. Pensiamo alla scomparsa del pelo che ci serviva per difenderci dal freddo: scherzando dico ai miei studenti che è stata la prima grande crisi di una professione: l’estetista! La dentatura si è assottigliata e si è assestata in una posizione di maggior equilibrio tra mascella e mandibola per una migliore masticazione che non prevede più lo stritolamento di gusci e di ossa di animali o l’ammorbidimento di tendini. Il calore ci facilita l’operazione di aprire, tagliare o schiacciare i cibi duri.
Come conseguenza il cervello è aumentato di dimensioni e l’energia risparmiata in una digestione più celere è stata utilizzata per lo sviluppo della cognizione, con l’utilizzo di una grande quantità di glucosio, cosa che rende il cervello l’organo più “goloso”. Cervello che pur costituendo soltanto il 2,5 % del nostro peso, è responsabile del 20% del consumo energetico a riposo. Ma un aspetto è poco apprezzato: la cottura ha aumentato la quantità di energia che il nostro corpo ricava dal cibo. Quindi non potevamo mangiare se non carne, ma carne cotta: «Il fuoco è in gran parte la causa del nostro successo riproduttivo, che ci ha resi il più efficace «infestante» del mondo». Il fuoco ha reso anche più facile lo svezzamento e la nutrizione degli anziani.
Questa trasformazione della natura delle carne e dei vegetali ha permesso un enorme risparmio di tempo: uno scimpanzé, un ruminante, passa ancora oggi gran parte della giornata a masticare, masticare … e a ruminare per rendere digeribile la cellulosa. Richard Wrangham (antropologo e primatologo americano – da leggere assolutamente il suo libro L’intelligenza del fuoco 2014) sostiene che si siano risparmiante fino a quattro ore, tempo da dedicare ad altre attività, anche alla socialità, allo sviluppo dei legami e degli affetti, alla divisione dei ruoli: l’uomo in giro a cacciare la donna a “casa” ad accudire alla famiglia, a cuocere. Pensiamo cosa ha significato poter scendere dalle piante, diventare bipedi, potersi riparare all’interno di una grotta, al sicuro, (il fuoco acceso teneva lontani altri predatori) riscaldarsi, sconfiggere la paura e il terrore del buio che è all’origine, se ci pensate, ai tutti i riti di luce e di fuoco del periodo natalizio. Tutte le nostre luminarie non sono altro che un rito per esorcizzare questa atavica paura del buio proprio in un periodo, quello del solstizio d’inverno, più buio dell’anno. Insomma, un dono degli dei!
Prof. Danilo Gasparini
Storico dell’alimentazione, scrittore, ospite e consulente Geo & Geo (Rai Tre)